Prendere la vita… con filosofia ?

Filosofia vuol dire letteralmente “amore della sapienza”.
Secondo un diffuso modo di dire invece di arrabbiarsi, buttarsi giù o farsi carico di ogni cosa bisognerebbe imparare a prender la vita con filosofia. L’idea essenziale è che il “filosofo” sia una persona pregna di sapienza e capace di dare una giusta chiave di lettura a quanto accade intorno a sé.
Ma c’è spazio per la filosofia in una società come quella attuale?
Nella complessa varietà e complessità dei “bisogni umani”, si può pensare che farsi “grandi domande” sia fuori moda e senza utilità e che, invece di porsi questioni filosofiche, sia meglio affrontare i problemi quotidiani e concreti.
La filosofia “classica” nasce in Grecia 2600 anni fà, e i malpensanti potrebbero tranquillamente pensare, vista la Grecia d’oggi, che tanta sapienza non abbia prodotto risultati apprezzabili. Ma questo è il solito argomento di chi non ha argomenti. La filosofia, al di là di ogni luogo comune, nel suo significato più esteso si riferisce a qualsiasi cultura umana, pertanto possiamo dire che l’uomo nasce filosofo.
Il successo evolutivo della specie umana è consistito, in buona sostanza, nella capacità di inquadrare il contesto più generale nel quale dare dimensione alle questioni di tutti i giorni. L’ homo sapiens ha il suo nocciolo in quell’aggettivo “sapiens”.
Oggi siamo immersi in una miriade di stimoli “stressanti”, e visto che nessuna civiltà umana ha trascurato i temi filosofici, resta da chiedersi se e come riuscire a star meglio prendendola con filosofia: come si fa ?
Fin dall’antichità l’uomo ha attinto le sue “certezze” dai campi mitologico e/o religioso, ed è da qui che si può capire la novità del pensiero greco. Eh sì, perché filosofia e religione sono distinte e separate, la prima capace di seguire una strada ”autonoma” (anche se le due si sono spesso “toccate”).
Con il metodo filosofico la saggezza si sviluppa grazie all’educazione e alla formazione (paidéia), ben diverse dall’indottrinamento tipico delle religioni. E’ in questi termini che i filosofi hanno sempre pensato di rappresentare la disciplina fondamentale, quella da cui tutte le altre discendono.
Il primo pensatore a definirsi “filosofo” fu Pitagora, che usa l’allegoria del mercato.
La vita è come una fiera: chi vende e chi compra, chi si diverte e chi meno, e poi chi osserva disinteressatamente. Questi ultimi sono i filosofi.
In quest’ottica la filosofia è l’antesignana delle moderne scienze sociologiche, psicologiche e sociali. Non bisogna confondere la filosofia con una “cultura generale” intesa come “sapere molte cose”, perché il filosofo non si limita a usare la propria intelligenza, ma soprattutto deve sapersi stupire. Come con gli occhi di un bambino, il filosofo osserva, si meraviglia e capisce di essere dentro ad gioco misterioso di cui vuole capire le regole.
Per Platone il mix di ginnastica – musica – scienze varie (tra cui matematica e geometria) fornisce la formazione, ma il vero filosofo è quello che emerge dalla celebre allegoria della caverna.
Gli uomini sono come prigionieri in una caverna, nella quale vedono solo le ombre di ciò che accade fuori; tali ombre sono per loro la verità. E’ necessario innalzarsi alla vera realtà. Il filosofo è come un prigioniero che riesce a liberarsi e vede la realtà vera, quindi dovrà “educare” i compagni su ciò che ha visto.
Ci pensa Aristotele a dividere “filosofia teoretica” e “filosofia pratica”, quest’ultima concernente l’azione politica, la produzione e la tecnica.
Sono i filosofi stessi che gettano le basi applicative delle proprie congetture.
Nella nostra quotidianità personale e lavorativa l’atteggiamento filosofico deve pertanto indurre a evitare di dar le cose per scontate, ma soprattutto deve far uscire da “chiavi di lettura” della realtà fisse e sempre uguali. Guardando con curiosità il mondo e noi stessi potremo uscire dagli schemi inadeguati che, ripetuti all’infinito, producono l’insoddisfazione.
L’idea non è del tipo “diventiamo tutti filosofi”, bensì quella di ritrovare un po’ della propria naturale dimensione umana. Essa è fatta di stupore, di percezione, di apprendimento e di voglia di crescere, di inventare e di creare. C’è l’energia mai doma, la voglia di provarci.
Quel senso di immortalità che non deriva né dal giovanile spregio del pericolo né dalla riscoperta del sacro in vecchiaia, ma dall’idea che il cambiamento è l’unica certezza che la storia del mondo e dell’umanità ci può insegnare.

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