La domanda che ho messo come titolo è provocatoria, perché l’opinione comune sul cosiddetto “ospizio” è che sia un luogo che abbia ben poco di meraviglioso da raccontare.
Come da ormai consolidata tradizione, anche nel 2018 la Fondazione Casa di Riposo di Olgiate Comasco ha prodotto un “film”, che ho diretto e realizzato, intitolato Alina nel Paese delle Meraviglie (ispirato ad Alice, di Lewis Carroll). E’ il frutto di una parte dell’attività di animazione e capacitazione condotta durante l’anno. Le logiche sono le stesse del lavoro precedente (del 2017 vedi articolo) ispirato al mondo magico di Harry Potter. In questo articolo intendo sottolineare i significati che i vari personaggi impersonificano all’interno di una trama apparentemente senza senso, costellata da strani figuri e dialoghi surreali.
Il trailer del film è disponibile sul canale youtube della RSA. Per chi lo vorrà ci sarà occasione a Primavera 2019 di assistere alla visione del film presso il Centro Congressi Medioevo di Olgiate Comasco (la data è in via di definizione).
Ma vediamo, attraverso la “trama”, che cosa abbiamo voluto significare con questo lavoro, che ha coinvolto non solo gli ospiti della casa anziani, ma anche alcuni operatori della struttura e parenti. Ci sono persino due illustri comparse da noi espressamente invitate: un assessore e il sindaco che hanno ben rappresentato la comunità olgiatese “integrata” nella locale RSA.
Alina e sua Sorella vivono insieme la propria vecchiaia, ma è una vita che Alina non apprezza, e nemmeno le cure ricevute sembrano bastare. Alina pertanto scappa inseguendo il Bianconiglio, che le ricorda costantemente di fare “presto, perché è tardi”. Invecchiare e sentirsi soli, litigare per cose da poco, voler ritrovare la propria vita passata sono i temi che sottendono la scena.
Come prevedibile, Alina ricade nel Paese delle Meraviglie, dove trova subito personaggi strani: un giovane leopardo in cerca di un bacio, dei fiori che cercano acqua e dei funghi che cercano di non essere mangiati. Alina, cercando se stessa, trova personaggi che nella loro follia sembrano aver bisogno di lei, in un luogo dove la stranezza è normale, concetto che fa da contraltare ad una normalità che di per sé risulta insopportabile.
Alina incontra lo Stregatto, che dice frasi senza senso ma propone un indizio: per trovare il bello bisogna seguire il Cappello. Ecco i dubbi di Alina rappresentati dai paradossi dello Stregatto: cosa sto cercando ? E come trovarlo ?
Alina incontra il Cappellaio Matto, che si presenta subito nella propria “matteria” ma riesce ad consigliare Alina in merito alla necessità di ascoltare qualcuno di “saggio” (il brucaliffo).
Non mancano nel Paese delle Meraviglie due comparse significative come Pinko e Panka, che rappresentano il segno di una giovinezza spensierata e divertita.
Alina incontra il Brucaliffo (e la sua stramba assistente), che si presenta in tutta la sua saggia ambiguità, ma trasmette ad Alina il rischio della ricerca: passare dal sogno alla realtà, e dalla realtà all’incubo. L’assistente propone una curiosa barzelletta, ed il messaggio che passa sembra essere che la vita va vista nell’ottica di un sano divertirsi. Persino i funghi (velenosi), due ulteriori personaggi curiosi, si divertono raccontando una barzelletta !
Alina poi incontra il Re di Cuori, con la sua piccola corte di personaggi, il Paggetto e la Leoparda. Tutti pronunciano frasi senza senso, che risultano sagge solo all’orecchio del Cappellaio (che è matto) mentre Alina non capisce nulla. Il messaggio è che per capire in profondità bisogna andare oltre la comprensione di superficie, e serve una capacità di capire “oltre” le parole.
Poi compare il “Cartello Matto”, che è l’essenza della ricerca nel Paese delle Meraviglie: un luogo dove l’unica direzione possibile è l’assenza di una direzione precisa. Quando non si sa dove andare, non ci può essere una direzione giusta per andarci. Il senso del non-luogo passa attraverso il Paese delle Meraviglie, che è il luogo del non-senso. D’altronde pensandoci bene è difficile trovare un senso alla vecchiaia, se non accettandola come tale !
Alina si imbatte poi nella Festa di Noncompleanno: il simbolo del fatto che non serva un’occasione per essere allegri, basta inventarne una. Il Cappellaio propone l’indovinello sulla metafora della vita: la candela.
Alina segue il Cappellaio, accompagnati dalla simpatica Tartaruga, nel laboratorio dei cappelli: sembra che la ricerca del senso stia nel trovare un modo per “fare soldi”, anche se Alina si accorge ben presto che il Cappellaio è un sì abile venditore, ma dei soldi non sa cosa farsene. La falsa felicità si manifesta nella mente di Alina.
Nel film è stato inserito anche un ricordo del Carosello, uno stacco pubblicitario volto a rinforzare l’idea di un sano divertimento come contraltare del naturale volgere dell’età.
Il Cappellaio Matto vende i propri cappelli alla Regina Rossa, momento divertente che simboleggia la vanità transitoria della bellezza.
Poi compare un personaggio totalmente inventato, mai uscito dalla penna di Carroll, il “Sindacuoco”. In questo ruolo c’è proprio il sindaco di Olgiate (Simone Moretti) la cui passione per la cucina è stata messa al servizio di un succoso sketch sul valore delle cose semplici, in un’epoca nella quale persino la cucina sembra una cosa riservata ai “master”.
A questo punto della storia Alina è tormentata dai dubbi, capisce che non è il denaro che sta cercando ma un modello di felicità, seppur frenata dal Cappellaio che le racconta di come “la felicità non esiste”.
Alina vaga incerta, cerca la fortuna nei quadrifogli del prato, insegue in Bianconiglio, trova dei fiori canterini (simbolo della gioia pur nella nostra vita effimera), si imbatte in un altro cartello matto e poi in un personaggio del tutto incomprensibile. La vita insomma cambia continuamente, e ad ogni scoperta ne segue un’altra sempre diversa.
Alina torna dal Brucaliffo, ancora alla ricerca di buoni consigli, e qui si scontra col problema di voler tornare giovane, rappresentato secondo il Brucaliffo dal conflitto tra la Regina Rossa e la Regina Bianca. La Rossa, che sembra cattiva, e la Bianca che sembra buona perché proclama il valore della giovinezza.
Alina quindi cerca la Regina Bianca, e la trova in mezzo al giardino, che finge di essere una rosa. Si rappresenta così la falsa bontà, l’ipocrisia del valore assoluto della giovinezza come ideale di felicità.
Lo scontro, fatale, tra la Regina Rossa e la Regina Bianca vede prevalere la prima, e Alina si dispera perché pensa che abbia vinto il male. Nè la consola il Bianconiglio che le ricorda sempre che “bisogna far presto, perché è tardi”.
In conclusione Alina assiste agli omaggi che le persone anziane porgono alla Regina Rossa, in un quadro dove ciascuno ha la dignità di essere quello che è, a qualsiasi età e condizione di salute.
Alina infine capisce che deve accettare se stessa, e chiede alla Regina Rossa di farle trovare la strada per tornare da sua Sorella.
La conclusione è affidata ad una barzelletta del Cappellaio Matto, che lascia il sapore finale del prendere la vita con maggiore ironia.
Per noi riabilitare non può voler dire solo “guarire”. Siamo fermamente convinti che ri-abilitare voglia dire “sentirsi ancora abili“.
E lo stupore del veder recitare le persone anziane si legge nei loro stessi occhi quando guardano il film, e negli occhi dei loro cari quando realizzano che cosa si può ancora fare nell’età della senescenza.